I cani che hanno risposto alla vaccinazione con vaccini core MLV mantengono una solida immunità (memoria immunologica) per molti anni in assenza di qualsiasi richiamo vaccinale (Bohm et al. 2004, Mouzin et al. 2004, Schultz 2006, Mitchell et al. 2012) [EB1]. Dopo il richiamo a 26 o 52 settimane, le successive vaccinazioni sono somministrate a intervalli di 3 anni o più. È necessario sottolineare che la vaccinazione triennale dell’adulto generalmente non si applica ai vaccini core inattivati (ad eccezione della rabbia) e neanche ai vaccini non-core, in particolare a quelli che contengono antigeni batterici. Di conseguenza, i prodotti contenenti Leptospira, Bordetella e Borrelia (malattia di Lyme), ma anche le componenti che contengono il virus della parainfluenza, richiedono richiami più frequenti per una protezione affidabile (Ellis & Krakowka 2012, Klaasen et al. 2014, Ellis 2015, Schuller et al. 2015) [EB1].
Quindi un cane adulto, in accordo con queste linee guida, può ancora essere rivaccinato annualmente, ma le componenti di queste vaccinazioni saranno diverse ogni anno. Generalmente, i vaccini core sono ora somministrati ogni 3 anni, mentre i vaccini non-core scelti vengono somministrati ogni anno. Il VGG è consapevole che in alcuni Paesi sono disponibili solo prodotti polivalenti contenenti una combinazione di vaccini core e non-core. Il VGG incoraggia le aziende produttrici a fornire una gamma completa di vaccini monovalenti, o almeno a separare le valenze core da quelle non-core (Mitchell et al. 2012) quando possibile. Un cane adulto che da cucciolo ha ricevuto la prima serie vaccinale completa di vaccini core, incluso il richiamo a 26 o 52
settimane, ma che non è poi stato rivaccinato con regolarità da adulto, ha bisogno solo di una singola dose di vaccini core MLV per richiamare l’immunità (Mouzin et al. 2004, Mitchell et al. 2012) [EB1]. Allo stesso modo, un cane adulto adottato (o un cucciolo di più di 16 settimane) con anamnesi vaccinale muta richiede solo una singola dose di vaccini core MLV per dare il via a una risposta immunitaria protettiva. Molti foglietti illustrativi dei vaccini consigliano in queste circostanze di ricorrere a 2 vaccinazioni (come in un cucciolo), ma questa pratica è ingiustificata e contraria ai principi fondamentali dell’immunologia [EB4]. Si ribadisce ancora che questo non è applicabile ai vaccini non-core, molti dei quali richiedono 2 dosi in un cane adulto. Una precisazione deve essere fatta per i vaccini contro la rabbia. Il VGG raccomanda che in tutti i Paesi dove la rabbia è endemica, i veterinari raccomandino fortemente ai loro clienti la vaccinazione dei cani, anche quando questa non è richiesta dalla legge. Gli intervalli delle rivaccinazioni per la rabbia canina sono spesso dettati dalla legge. I vaccini antirabbici inattivati disponibili a livello internazionale erano inizialmente prodotti con una DOI approvata di 1 anno e di conseguenza le rivaccinazioni erano richieste ogni anno. Questi stessi prodotti riportano oggi in molti Paesi la specifica di 3 anni, e la normativa è stata modificata per incorporare questo cambiamento. Tuttavia, in alcuni Paesi l’obbligo normativo è in contrasto con quanto riportato nel vaccino, mentre in altri non sono cambiate né le licenze dei vaccini né la normativa. In Europa il Regolamento UE n. 576/2013 sancisce che il periodo di validità della vaccinazione antirabbica dipende da quanto specificato nei foglietti illustrativi dei singoli vaccini utilizzati (NdT).
Per finire, alcune nazioni hanno anche dei vaccini antirabbici prodotti localmente con una DOI di 1 anno che molto probabilmente non può essere estesa in totale sicurezza a 3 anni. I veterinari devono essere consapevoli di quanto richiesto per legge, ma dove hanno accesso a un prodotto che conferisce un minimo di 3 anni di immunità, le associazioni nazionali dovrebbero fare pressione per fare in modo che la legge cambi per adattarsi all’evidenza scientifica corrente.
TEST SIEROLOGICI PER MONITORARE L'IMMUNITA' NEI CONFRONTI DEI VACCINI PER IL CANE
Dalla pubblicazione delle linee guida del 2010 ci sono stati molti progressi nella disponibilità di test sierologici rapidi e semplici (kit ambulatoriali “in-clinics”) che possono valutare la presenza di anticorpi protettivi specifici per CDV, CAV e CPV-2 nei singoli cani. Questi kit commerciali sono un complemento delle analisi di laboratorio tradizionali (cioè sieroneutralizzazione e inibizione dell’emoagglutinazione) che rimangono i “gold standard” dei test sierologici. Sono oggi disponibili dei kit commerciali, che sono stati applicati e validati in ambulatori veterinari e in ambienti di canili (Gray et al. 2012, Litster et al. 2012) [EB1]. Questi kit hanno successo tra i veterinari che vogliono offrire ai loro clienti un’alternativa alla rivaccinazione di routine con i vaccini core a intervalli di 3 anni, ma rimangono per ora relativamente cari e sfortunatamente, al momento, un test costa più di una dose di vaccino.
Un risultato negativo al test indica che il cane ha scarsi o nulli anticorpi, e quindi la rivaccinazione è raccomandata. Alcuni cani sieronegativi di fatto sono immuni (falsi negativi) e la loro rivaccinazione sarebbe inutile dato che avrebbero una risposta anamnestica rapida e notevole alla vaccinazione (Mouzin et al. 2004). Tuttavia, questi cani non possono essere rilevati agevolmente e un animale
con un risultato negativo, indipendentemente dal test usato, dovrebbe essere considerato privo di anticorpi e quindi potenzialmente suscettibile alle infezioni. Per contro, un risultato positivo al test dovrebbe portare alla conclusione che la rivaccinazione non è richiesta.
Il monitoraggio degli anticorpi sierici specifici per la rabbia canina in genere non è usato per stabilire se è necessaria una rivaccinazione, in quanto è obbligatorio per legge. La titolazione anticorpale che valuta la protezione contro la rabbia (titolo protettivo ≥0,5 UI/ml) è richiesta per la movimentazione internazionale degli animali (ma solo da alcuni Paesi, NdT). Tale titolazione è svolta esclusivamente da laboratori di referenza autorizzati (in Italia rappresentati dagli IZS delle Venezie, dell’Abruzzo e del Molise, e del Lazio e della Toscana, NdT). I test sierologici per CDV, CAV e CPV-2 hanno applicazione per determinare un’immunità protettiva nel cucciolo, per stabilire gli intervalli di rivaccinazione nei cani adulti e per la gestione di focolai di malattie infettive nei canili.
Un proprietario scrupoloso può desiderare la conferma che il suo cucciolo è protetto dopo la prima serie vaccinale quando questa viene completata a 16 settimane o più (Figura 1). A questo scopo può essere testato un campione di siero prelevato almeno 4 settimane dopo l’ultima vaccinazione. Questo intervallo assicurerà che gli MDA non siano più presenti e che anche i cuccioli “slow responder” abbiano sieroconvertito. Un cucciolo sieropositivo potrebbe non richiedere il richiamo a 26 o 52 settimane e ricevere la successiva vaccinazione core 3 anni dopo. Cuccioli sieronegativi dovrebbero essere rivaccinati e ritestati. Se il cucciolo risulta ancora negativo, dovrebbe essere considerato un “non-responder” che forse non è in grado di sviluppare un’immunità protettiva.
Il test anticorpale è oggi l’unico metodo pratico per assicurarsi che il sistema immunitario del cucciolo abbia riconosciuto l’antigene vaccinale.
I vaccini possono non avere successo nell’indurre un’immunità protettiva in un cucciolo per diverse ragioni:
(1) Gli MDA neutralizzano il virus vaccinale
Questa è la causa più comune di insuccesso vaccinale. Tuttavia, quando l’ultima dose di vaccino viene somministrata a 16
settimane di età o più, gli MDA saranno scesi a un livello basso (Friedrich & Truyen 2000) [EB1] e nella maggior parte dei cuccioli
l’immunizzazione attiva avrà successo.
(2) Il vaccino è scarsamente immunogeno
La scarsa immunogenicità può riflettere un range di fattori, dalla fase di allestimento e produzione del vaccino alla somministrazione all’animale. Ad esempio, il ceppo virale, i suoi passaggi o errori di produzione di un particolare lotto di prodotto possono essere una causa di insuccesso vaccinale. In realtà, questi effetti raramente interessano i vaccini prodotti da grandi aziende ben collaudate che commercializzano i loro vaccini su scala internazionale. Questi produttori devono rispettare quanto stabilito dalle agenzie regolatorie governative in materia di potenza dei singoli lotti da testare prima dell’immissione in commercio. Fattori postcommercializzazione quali scorretto trasporto o conservazione (interruzione della catena del freddo) e scorretta manipolazione del vaccino (uso di un disinfettante) nella pratica possono portare a inattivazione di un prodotto MLV. Il VGG ha riconosciuto che una “gestione attenta del vaccino” rimane un problema in molti Paesi e ha incluso delle semplici linee guida in Tabella 6.
(3) L’animale è un “poor responder” (il suo sistema immunitario non riesce di per sé a riconoscere gli antigeni vaccinali)
Se un animale non è in grado di montare una risposta anticorpale dopo vaccinazioni ripetute, dovrebbe essere considerato un non-responder genetico. Dato che in altre specie la mancata risposta immunitaria è controllata geneticamente, alcune razze canine sono state sospettate di essere dei poor responder. Si è pensato (ma non è stato dimostrato) che l’alta suscettibilità al CPV-2 riconosciuta in alcuni Rottweiler e Dobermann negli anni ’80 (indipendentemente dalla storia vaccinale) fosse in parte correlata a un’alta prevalenza di non-responder (Houston et al. 1994) [EB4]. Oggi negli USA queste due razze sembrano non avere un numero di nonresponder al CPV-2 maggiore di altre razze, forse perché i portatori di tale caratteristica genetica sono morti di parvovirosi.Alcuni cani di queste razze possono essere low o non-responder ad altri antigeni. Ad esempio, in UK e in Germania il fenotipo non-responder rimane prevalente tra i Rottweiler [EB3] per CPV-2 e studi recenti hanno dimostrato che questa razza ha una percentuale più elevata di animali che non riescono a raggiungere il titolo anticorpale antirabbico richiesto per la movimentazione internazionale (Kennedy et al. 2007) [EB1]. Sono state fatte delle stime approssimative sulla percentuale di non-responder genetici nella popolazione canina: 1 su 5.000 cani per CDV, 1 su 100.000 cani per CAV e 1 su 1.000 cani per CPV-2 [EB4].
TEST SIEROLOGICI PER DETERMINARE LA DURATA DELL'IMMUNITA' (Duration Of Immunity, DOI)
I test anticorpali possono essere usati per dimostrare la DOI dopo vaccinazione con vaccini core. È noto che una grande maggioranza di cani mantiene anticorpi protettivi contro CDV, CPV-2, CAV-1 e CAV-2 per molti anni, e molti studi sperimentali supportano questa osservazione (Bohm et al. 2004, Mouzin et al. 2004, Schultz 2006, Mitchell et al. 2012) [EB1]. Di conseguenza, in assenza di anticorpi (indipendentemente dal test sierologico utilizzato) il cane dovrebbe essere rivaccinato, a meno che non esista una ragione medica per non farlo, anche se alcuni saranno protetti dalla memoria immunologica.
Le determinazioni anticorpali verso altre componenti vaccinali hanno un valore limitato o nullo dovuto alla breve persistenza di tali anticorpi (es., prodotti contenenti Leptospira) o all’assenza di correlazione tra anticorpi sierici e protezione (es., Leptospira e parainfluenza canina) (Hartman et al. 1984, Klaasen et al. 2003, Ellis & Krakowka 2012, Martin et al. 2014) [EB1].
Il VGG riconosce che al momento questi test sierologici potrebbero essere un po’ cari. Tuttavia, i principi di “medicina veterinaria basata sull’evidenza” suggeriscono che testare lo stato anticorpale (in cuccioli e adulti) è una pratica migliore del somministrare semplicemente un richiamo vaccinale sulla base che questo è “sicuro e costa meno”.